«Perciò, oh uomo, chiunque tu sia che giudichi, sei inescusabile; perchè nel giudicare gli altri condanni te stesso; infatti tu che giudichi fai le stesse cose!» (Rif. Epistola ai Romani Cap.2 verso 1)

La parola chiave di questa riflessione è: «GIUDIZIO». Una cosa è avere un'opinione, tutt'altra cosa è emettere un verdetto. Una cosa è avere una convinzione, tutt'altra cosa è condannare le persone. Una cosa è provare disgusto per il male e le violenze commesse, ma tutt'altra è emettere una condanna definitiva o dire che questa o quella persona essendo criminale non potrà mai avere la grazia di Dio.

Il testo di Paolo prima citato non esorta a sospendere le nostre facoltà critiche o a rinunciare ad ogni rimprovero come se queste fossero cose illegittime, ma esso è chiaramente la proibizione di giudicare e di condannare "definitivamente" gli altri in quanto noi come esseri umani non ne abbiamo alcun diritto ed in particolar modo quando manchiamo di condannare noi stessi. E' nostro compito odiare il peccato, ma è esclusivo compito di Dio occuparsi del peccatore. Certo, Dio ci esorta a disprezzare il male, ma mai ci ha detto di disprezzare chi commette il male, anche se questo ci viene sin troppo facile e comodo da fare. Per noi è appagante indossare la toga, piazzarsi dietro al banco, battere il martelletto e sentenziare: «COLPEVOLE per l'eternità!»

Giudicare gli altri è un modo comodo e spiccio per sentirsi a posto con sè stessi. Una pacca sulla spalla a buon mercato al nostro «EGO». Il modo più facile per giustificare gli sbagli in casa mia è trovarne di peggiori in quella del vicino. Ma certi stratagemmi con Dio non funzionano. Leggete attentamente le parole dell'apostolo Paolo, il quale afferma: «Ora noi sappiamo che il giudizio di Dio su quelli che fanno tali cose è conforme a verità. Pensi tu, o uomo, che giudichi quelli che fanno tali cose e le fai tu stesso, di scampar al giudizio di Dio? Oppure sprezzi le ricchezze della Sua bontà, della Sua pazienza e della Sua costanza, non riconoscendo che la bontà di Dio spinge al ravvedimento?» (Rif. Epistola ai Romani Cap.2 versi 2 a 4).

Accanto agli Hitler, ai Mussolini ed ai Saddam di questo mondo, spesso l'uomo si vanta: "Guarda, Dio! In confronto a loro non sono poi così male". Ma sta proprio qui il problema. Dio non ci paragona a loro, non sono loro i nostri parametri, ma è Dio il nostro confronto e paragonati a Lui (come specifica l'apostolo Paolo) «Non c'è nessuno che pratichi la bontà e la giustizia» (Rif Epistola ai Romani Cap.3 verso 12). Ed io ripeto: «Non c'è nessuno...». Noi non siamo abbastanza buoni per giudicare. L'affamato può forse accusare il mendicante? L'ammalato può forse farsi beffa dell'infermo? Il cieco può giudicare il sordo? Il peccatore può condannare il peccatore? No! Ecco una delle due ragioni per cui solo Dio può esser giudice.

Immaginate che Dio avesse dato nella Bibbia un solo comandamento: «Viene salvato solo chi salta così in alto da toccare la luna». Magari qualcuno riuscirà a saltare fino ad un metro, qualcun'altro un metro e mezzo; poche persone saranno in grado di raggiungere i due metri e pochissimi i due metri e mezzo; ma alla luce della distanza che dovremmo coprire, nessuno potrebbe dire di esser andato lontano. Forse voi salterete dieci, venti centimetri più di me, ma non è una ragione per dire a Dio: «Io merito di esser salvato». Infatti non avresti affatto raggiunto l'obiettivo di toccare la luna. Ora volendo esser più realisti Dio non ci ha detto di toccare la luna, ma è come l'avesse fatto. Infatti Gesù ci ha esortato: «Siate perfetti com'è perfetto il Padre vostro celeste» (Rif. Evangelo di Matteo Cap.5 verso 48). Nessuno di noi è all'altezza dei parametri di Cristo e di conseguenza nessuno di noi è degno di indossar la toga, mettersi dietro al banco e sentenziare: «COLPEVOLE per l'eternità».

Nella prima Epistola ai Corinti al Cap.4 verso 5, l'apostolo Paolo dice: «Non giudicate nulla prima del tempo, finchè sia venuto il Signore». Condanniamo un uomo perchè questa mattina ha sbagliato, ma non sappiamo niente delle ferite che ha subito ieri. Osiamo giudicare un libro i cui capitoli devono esser ancora scritti? Emetteremmo un verdetto su un quadro mentre l'artista ci sta ancora lavorando? Come possiamo giudicare un'anima in cui Dio non ha ancora completato la sua opera? «Ho questa fiducia che Colui che ha cominciato in voi un'opera buona, la condurrà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù» (Rif. Epistola ai Filippesi Cap. 1 verso 6). Perciò amici, attenzione a giudicare... il Sansone cieco e debole all'ultimo minuto trovò le forze per rivolgersi a Dio, chiederGli aiuto e alla fine l'ottenne! Il Pietro che accanto al fuoco tradì Gesù, in seguito lo proclamò Signore e Salvatore col fuoco della pentecoste. Non date del folle a Noè, potreste ritrovarvi a chiedergli un passaggio!

Nella bibbia, infine, troviamo la storia di un altro criminale, pure lui condannato al patibolo. Egli, proprio nei suoi ultimi istanti di vita, chiese la «GRAZIA». Se l'avesse chiesta al popolo, al governo o ai parenti delle sue vittime gli sarebbe stata negata. Ma non fu a questi che si rivolse per riceverla. Egli la chiese alla figura insanguinata di Colui che era stato inchiodato sulla croce accanto alla sua e nell'ultimo istante della sua esistenza terrena disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno!» Prontamente Gesù gli rispose: «Io ti dico in verità che oggi stesso sarai con me in paradiso» (Rif. Evangelo di Luca Cap.23 versi 42 e 43). In conclusione amici miei, noi non siamo qualificati per decidere chi merita la grazia e chi no! Perciò «non giudichiamo nulla e nessuno prima del tempo (cioè finchè non sia venuto il Signore) perchè nel giudicare gli altri condanniamo noi stessi e rischiamo che questo nostro giudizio ci ricada addosso e diventi per noi condanna eterna».
Signore aiutaci... a cominciare da chi ha scritto!

La ReDaZiOnE